Perché siamo sempre alla ricerca della perfezione? Perché non ci permettiamo un errore, o di uscire dagli standard imposti dalla società ma anche da noi stessi? Perché dobbiamo avere la certezza assoluta che ciò che stiamo acquistano ma anche facendo sia perfetto?
Parlando del mio mondo senza volermi addentrare nella vita in generale, vi chiedo perché non vi date la possibilità di sbagliare o anche di adattarvi. Io sono una compratrice compulsiva online. Quando trovo un nuovo brand che mi piace leggo la tabella taglie, guardo le foto e poi ragiono in base alla mia fisicità. Quando il capo arriva, se non ho azzeccato trovo il modo di farlo andare bene. Magari se è grande lo stringo un po’ o lo reinterpreto (è sempre un modo bellissimo per scoprire nuovi look che magari mi stanno molto bene). Se è piccolo in vita lo faccio allargare. Se proprio mi sta da cani o lo regalo o lo rendo. Cosa che cerco di fare il meno possibile ma mi permetto di sbagliare. Se online ci sono le indicazioni ed in più vedo quel capo indossato da varie fisicità credo di poter azzeccare la taglia e se proprio ho un dubbio atroce, dopo aver letto ovunque, guardato il sito, la pagina IG e quella FB, allora domando al brand e vi assicuro che 9 volte su 10 non ricevo risposta!
Il concetto che vorrei passare è che io provo in tutti i modi a essere d’aiuto ma sembra non sia mai abbastanza. Qualcuno mi ha detto “non puoi fare di tutta l’erba un fascio”
Vero. Ma non si può sempre e solo parlare di come vanno bene le cose, per par condicio bisogna discutere anche del rovescio della medaglia.
Tempo fa il customer care non esisteva o era minimo. L’arrivo dei social ha cambiato tutto, il rapporto cliente fornitore è più stretto e credo sia bellissimo. Il problema è per il fornitore riuscire a stare dietro a tutto. Oggi una cliente mi ha scritto che se lanciamo un capo nuovo è doveroso dare indicazioni…
Io lo faccio, ci provo in tutti i modi, invito ad aspettare lo shooting per avere informazioni maggiori. La collezione non è ancora uscita e già le domande sono infinite. Che va benissimo ma cerchiamo di prendere tutto con meno fretta, prendiamoci il tempo e godiamoci l’attesa, gli spoiler, le anticipazioni! La mia felicità è immensa nel sapere che ci sia tanta aspettativa e di questo sono davvero grata, ma vedo anche crescere due cose:
- La paura di non riuscire a trovare il capo che si voleva. Spesso questa frustrazione (che ci sta, l’ho provata anche io) è sfociata in insulti verso la mia persona. Capisco che chi compra da sempre si senta di dover avere la priorità ma io sono per il “siamo tutti uguali” e si parte tutti dagli stessi blocchi di partenza. Poi i clienti più affezionati avranno delle sorprese durante la stagione. E sapete che lo faccio! C’è chi pur di averlo compra una taglia a caso per vedere come sta, per poi doversi trovare costretto a rendere (tema di cui parlerò magari dopo). In questo modo fa perdere una vendita a noi e aumenta la sua delusione
- La ricerca appunto della perfezione: devo sapere tutto di quel capo perché devo essere certa mi starà benissimo, non sbaglierò taglia o colore. E’ successo a volte che mi venisse data la colpa di un acquisto errato perché avevo dato un mio suggerimento suggerimento
/sug·ge·ri·mén·to/
sostantivo maschile
Avvertimento che mira a consigliare o sconsigliare, consiglio, proposta.
Consigliare…non dare la certezza che.
Come dicevo all’inizio, diamoci il tempo di accettare un errore e anche di commetterlo e magari di trasformare quell’errore in qualcosa di buono o di capire che magari non è un errore, è solo una visione distorta.
Una mia amica molto saggia, Sara, con cui spesso condivido gioie e dolori di questo lavoro ha fatto un ragionamento nel quale mi trovo assolutamente.
Siamo noi che ci diamo delle etichette per definirci: sono una taglia S, XL, M…e spesso facciamo di queste etichette un motto dietro al quale ci nascondiamo per non dover accettare di essere invece diverse, di poter osare, reinterpretare noi stesse sotto ottiche diverse. Magari dare una possibilità ad un capo senza dire no a prescindere, magari imparando a piacerci con quel nuovo stile.
Io posso stare a misurare tutti i centimetri di quel capo, posso mandare mille foto da vicino, da lontano, di lato. Posso provarlo su fisici diversi o simili ma il risultato è che con quel capo dobbiamo sentirci bene noi. Se non ci piace non dobbiamo acquistarlo. Se non ci piace non siamo obbligate a dirlo al produttore! Se non ci piace possiamo optare per altri modelli o addirittura per altri brand. Ma il problema rimarrà specialmente per gli acquisti online.
Se io ho le stesse misure di una cliente non è detto che quel capo stia bene ad entrambe. Perché abbiamo due personalità diverse, due atteggiamenti diversi, due modi di vestire diversi.
Io ho sempre detestato l’omologazione. Cresciuto all’epoca dei paninari dove i capi erano quelli per forza mi sono allontanata da questo concetto sposando invece il “se mi ci sento a mio agio è il capo giusto per me”. Ma io questo non posso dirvelo a prescindere, non posso trasmettervelo dandovi dettagli e misure.
Ciò che posso fare è trasmettervi ciò che mi piace di quel capo, di quel look, di quel tessuto. Siete liberissimi di non essere d’accordo (e non sempre siete obbligati a comunicarmelo!), adoro il fatto che non lo siate ed amo altresì il fatto che invece percepiate lo stesso mio trasporto.
Il mio ruolo è cerare una collezione e provare a farvi sentire le stesse vibrazioni che provo io nell’indossarla. Voi da me non comprate solo un capo ma anche ciò che io ci ho messo, il cuore per renderlo unico, la precisione per provare a renderlo perfetto, la passione per aver creduto in quella piega, in quella tasca, in quel dettaglio.
Questo non significa che poi il capo ricevuto vi farà innamorare! Ma ciò che vi dico è provate! Create. Uscite dalla comfort zone. Tante persone che sono ormai clienti da anni si vestivano solo di blu e nero, trovavano inconcepibile abbinare le righe con i fiori, il rosa con il rosso, non avevano mai indossato una gonna lunga (la scusa era “non ho mai l’occasione) e magari addirittura con le scarpe da ginnastica! Quelle stesse persone oggi sfoggiano colori brillanti, fantasie strane come ad esempio le api!, forme nuove. E mi scrivono “ho osato, mi sento bene, grazie”. Questo mi apre il cuore.
Apro e chiudo una parentesi anche sull’artigianalità. E’ più facile commettere errori, Può succedere che un confezionista non si accorga che la macchina per le asole è difettosa e così produca 250 camicie con piccoli fili che fuoriescono una volta aperto il bottone (purtroppo è accaduto questa stagione). Allora cosa si fa? SI butta via tutto? SI spreca tutto? O ci si scusa con il cliente suggerendogli di tagliare i figli che escono con una forbicina? Gli artigiani lavorano sul cartamodello: se avessimo soldi e tempo potremmo testare ogni tessuto creando un prototipo per essere certi che la vestibilità sia sempre ineccepibile. Ebbene sapete quanto ci costerebbe? Dai 50 ai 75 € a capo. SI per un capo solo. Ovvero il prezzo di uscita online! Cosa possiamo fare? Buttarci e sperare vada tutto bene e se un capo sarà più ampio o con la vita un filo più larga (perché questo accade con tessuti di peso diverso) lo comunicheremo sui social, lo scriveremo sul sito. Perché non ci possiamo permettere tante cose che le grandi produzioni fanno, ma nemmeno ci possiamo permettere di buttare via dei api solo perché non corrispondono al centimetro a quelli della stagione precedente, A tal proposito: a volte mi viene detto “ eh ma i crop viola sono più lunghi di 1,5 cm di quelli grigi di tre anni fa”… Innanzitutto dovete sapere che ogni confezionista (ovvero le persone che con la macchina da cucire mettono insieme il capo) ha magari macchinari diversi e quindi è d’obbligo lasciargli un margine di 1,5 cm in eccesso o in difetto almeno sulle lunghezze. Ma è davvero quel centimetro a farvi odiare quel pantalone? Ma davvero cambia così tanto? E poi come già detto, a seconda dei tessuti cambia la sensazione che avete nell’indossare quel capo, non cambia radicalmente il prodotto. E’ qui che entra in gioco l’adattarsi. Perché si sta acquistando appunto un capo artigianale non uno derivante dalla catena fast fashion che produce con i robot o ancora peggio con i bambini.
Di tutto ciò discutevo appunto oggi con Sara del brand Cashmerefolie. Lascio a lei i paragoni con il meteo che ho trovato divini (della serie: ormai se sta piovendo ma apriamo la app del meteo che ci dice che non sta piovendo siamo convinte che la pioggia sia finta!) e condivido il suo pensiero che ho espresso poche righe sopra. Non siamo etichettabili, non dobbiamo esserlo. Sara dice che le taglie non esistono e io sono davvero d’accordo con lei. Esistono le misure, ma in fondo oggi chi le capisce davvero? Ogni brand ha le sue. Aggiungerei purtroppo. Discutevamo del fatto che ancora in tanti abbiano difficoltà ad acquistare online. E’ vero, questo tipo di acquisto non è semplice, specialmente per chi ha fisicità particolari. Non potendo vedere con i propri occhi taglie e tessuti, toccare e provare i prodotti, bisogna affidarsi (parola che a me piace molto perché è qualcosa che non ci concediamo mai) a chi vende addirittura fidarsi di queste persone. Chi produce vestiti, o maglioni o capi di abbigliamento cerca di fare il possibile per aiutare il cliente. E’ doveroso. Ciò che però noto mancare ultimamente è la voglia di informarsi: in un mondo in cui scrollare diventa un’abitudine che prevede di porre 5 secondi di attenzione (forse meno) ad un argomento risulta più facile fare una domanda invece che cercare di vedere se la risposta è già sul sito, sui canali o social. Viviamo in un mondo in cui tutto deve essere veloce, frenetico ed immediato. Dove ci neghiamo la sorpresa, l’attesa. Dove anche se ci viene detto “lo sveleremo poi, lo vedrete meglio poi” non ci accontentiamo perché dobbiamo sapere ciò che ci serve subito.
Tornando alle taglie condivido con Sara il pensiero che nessuno di noi sappia davvero che taglia indossare. Perché i marchi per motivi organizzativi hanno creato queste taglie/etichette che non servono all’acquisto ma più che altro ad inserirti in un casellario sociale che dice se sei magra, super magra, alta, nana, grassa, extra large, curvy, media, secca, normale. Andando incontro alla stereotipizzazione della figura che tanto stiamo combattendo.
“Questa ossessione per le taglie ha fatto sì che non sappiamo più guardarci alla specchio e dire: mi piaccio!” mi ha detto Sara. Magari anche con una taglia non perfetta, magari anche con quel pantalone un filo lungo che posso far accorciare, magari con la camicia over che potrei annodare, magari con la vita di quella gonna che tira un po’ ma in fondo mi sta così bene che faccio mollare un po’ l’elastico…
Sara dice “personalmente credo di essere una taglia M, ma so di entrare anche in una S e comunque preferisco una L o a volte anche una XL. Mi piace vestirmi comoda, con capi abbondanti e ampi. La taglia per me non è altro che una convenzione, ciò che conta è come ci sentiamo nei capi che indossiamo”
E come sempre non posso che essere d’accordo con lei.
I nostri capi sono fatti per cercare di far sentire bambini e adulti a proprio agio, comodi ma anche originali. Sono creati per permettere a voi di creare senza sentirvi costretti in definizioni e look prefissati.
Un’ultima parola sui resi: il cliente ha diritto di rendere o meglio di comunicare la sua intenzione di reso entro 14 giorni dalla ricezione dell’ordine. Ha poi diritto ad altri 14 giorni per fornire quando dare il reso al trasportatore. Ecco questa è follia. Dovrebbero esserci leggi che tutelano anche noi artigiani: una persona può metterci più di un mese a rendere un capo che magari poi dovrà essere venduto in saldo. Un capo fermo è capitale bloccato che noi non possiamo permetterci. Dovremmo essere tutelati anche noi.
Vorrei parlare dello stato in cui alcuno capi vengono poi resi, la maleducazione e il non rispetto. Capi appallotolati, puzzolenti, strappati. E l’arrogante risposta ad un mio “non posso accettare questo reso…” data dal fatto che il cliente ha sempre ragione. Preferisco soffermarmi su chi chiede scusa perché per un contrattempo non è riuscito a spedire il giorno dopo il reso, su chi ripone tutto perfettamente nella busta come lo ha ricevuto, su chi compila la cartolina all’interno mettendo i propri dati, a chi è dispiaciuto di rendere ma non può farne a meno
Ringrazio chi è sempre stato cordiale, a chi ha evitato di dire “non mi piace”, a chi ha detto m i piace tanto. Chi supporta con tenacia e chi lo fa in odo silenzioso. Chi ci manda foto bellissime, chi ci dice che gli abbiamo cambiato la vita con un vestito perché ora si sente più bella, chi ci scrive commenti in DM esilaranti, chi ci sprona, chi ha sempre la carineria di scrivere “ho ricevuto il capo ed è perfetto” anche se magari perfetto non p ma perché ci si sente bene dentro. Ringrazio chi fa passaparola, chi regala i nostri capi perché pensa che valgano, chi non usava il pigiama ed ora invece lo fa perché ama i nostri. Grazie a chi non si omologa, a chi osa, a chi prova a chi sperimenta. Grazie ai bimbi che crescono con i nostri capi. Perché i Versiliani sono nati per loro.