Dal sondaggione Instagram fatto ieri emerge un tema vincitore: mamme e lavoro (confesso fosse quasi pari merito con “il look kids perfetto” ma semmai ne parleremo poi).
Accolgo i pensieri di tutte le amiche che ci hanno scritto ma il blog è mmmio e me lo gestisco io (io sono Amata, così sollevo Robi da ogni responsabilità).
Dunque, da dove cominciare? Direi da un classico:
Siamo figlie per anni: veniamo accudite da mamma, protette da papà, picchiate da fratelli e sorelle, coccolate e viziate da zii e nonni. Viviamo fino ai 13 anni in una condizione idilliaca, siamo le principesse della casa, la cameretta rosa, i peluches, i vestiti della Disney o dei super fake che pizzicano un casino ma bene lo stesso. Cresciamo guardando Candy Candy e vorremmo il principe azzurro ma tutte vorremmo farci Terence; con Georgie e viviamo senza alcun trauma l’incesto tra sorella e fratelli; con Lady Oscar e vorremmo tutte diventare uomo o almeno essere una donna con i controcoglioni come lei; con Holly e Benji perchè erano talmente fighi (cioè Holly uno sfigato ma Benji pazzesco) che pure noi ragazzine guardavamo quel cartone.
A 14 anni diventiamo A D O L E S C E N T I e inizia il dramma. Distrutte da amori platonici, in lacrime ascoltando T’Innamorerai di Masini, piene di ormoni come galline all’ingrasso, distrutte dal primo ciclo ma anche fiere. Il primo bacio con la lingua (e meno male che nel ’92 è uscito Maledetto il giorno che t’ho incontrato e finalmente anche i ragazzini hanno imparato dove mettere la lingua grazie a Margherita Bui), le prime uscite, le discoteche, le serate in spiaggia falò e chitarra. E fin qui ancora tutto bene perché siamo libere di essere incoscienti dato che mamma e papà badano ai nostri casini.
Finisce il liceo, la scelta dell’università per alcune tragica (perché io sinceramente a 18 anni non avevo vocazioni particolari e non sapevo quale strada prendere), la laurea. gli amici, i primi veri fidanzati. E qui iniziamo ad essere responsabili o almeno ci proviamo.
E’ con il primo stage (ovviamente non retribuito) anzi direi che è con il primo “rimborso spese” che iniziamo a capire il senso del denaro. E’ come una droga. Ne vogliamo di più….ovviamente. Non ci bastano più i 150€ al mese (ahahahah) ne vogliamo 700€ perché “dobbiamo” uscire di casa, essere indipendenti, abitare con le amiche.
(ora arrivo eh, l’ho presa larga)
Con il primo lavoro serio arriviamo ad una piccola indipendenza economica. Mettiamo da parte i soldini per le vacanze, per le scarpe di MiuMiu, per il golfino di Nadine. I ragazzi ci invitano a cena e finalmente non dobbiamo “smezzare” e nemmeno mangiare solo mezza pizza. Iniziamo a vestirci con più cura, ci trucchiamo.
(ovviamente parlo di una generazione cresciuta senza social, con rudimentali cellulari, che se mamma ti cercava alle 2 di notte chiamava a casa tutte le tue amiche urlando, mica mandava un whatsapp)
Papà e mamma? I nostri eroi? Eh no, basta. Ora siamo noi padrone di noi stesse (illuse). Siamo giovani, possiamo stare fuori fino alle 6 del mattino e iniziare a lavorare alle 8 senza alcun problema (ora se io vado al cinema la sera ho bisogno di una settimana per riprendermi). Magari siamo anche belle o comunque di certo simpatiche. Crediamo in tutto ciò che facciamo….cioè insomma…..non sempre. A volte piangiamo perché ci vediamo grasse, perché siamo insoddisfatte, perché il fidanzato ci ha lasciate, perché abbiamo litigato con l’amica……
Problemi senza senso rispetto a quelli che vengono dopo.
Finalmente arriva l’uomo giusto. O almeno così ci sembra (il mio era/ed è ancora 3 anni più giovane di me, aveva la barba folta, andava in barca a vela, mi portava a cena in posticini pazzeschi, sciava come Ghedina, era misterioso ed affascinante. Per chi mi conosce: si sto parlando di Edo, so che non potete crederci ma era proprio così. Ora è un bipede stanco, distrutto dal lavoro, dai figli e perde pure le gare di sci ahahaah). Comunque la nostra attenzione si sposta su di lui: via mamma e papà e ci si butta a capofitto tra le braccia di quest’uomo che siamo certe ci proteggerà da tutto. Che sarà un uomo speciale (come il nostro papà), che combatterà per noi uccidendo draghi e gestendo l’idraulico. Ok è il momento giusto: c’è chi si sposa e poi fa dei figli o viceversa, non è questo il punto.
Appena nasce il primo figlio calde lacrime sgorgano dai nostri e dai loro occhi che nemmeno a Medjugorje. Il pargolo viene venerato, coccolato, amato, accudito e piano piano diventa il centro del nostro mondo. Questo legame indissolubile segna un netto confine nella nostra vita, un cambiamento drastico di cui non ci rendiamo subito conto. Ora tutto si sposta su di lui: prima mamma e papà, poi il compagno ed ora invece il figlio.
Finché siamo in maternità va tutto bene. Ci dedichiamo al nuovo arrivato con tutte le forze, cerchiamo di fare il meglio, allattiamo fino allo sfinimento, grattugiamo solo verdure bio, guai alla carne, giochi solo di legno (ecco io no, io ho fatto l’opposto ma non faccio testo sono una #mammadimerda!). Il papà? Qui non posso generalizzare: alcuni ci sono e partecipano, altri lavorano e basta. Ma qui il loro ruolo ancora non è così rilevante. Lo diventerà dopo.
Sono passati 6 mesi e bisogna tornare al lavoro. Si è vero ci si spezza il cuore in due ma almeno potremo parlare con persone che sanno articolare una parola e costruire una frase con soggetto-predicato.complemento oggetto, che magari parlano in inglese, che scrivono email. Lasceremo per qualche ora il meraviglioso (a abbacinante) mondo dei bambini per tornare grandi. E tra i vari sensi di colpa sapete una cosa…siamo felici! Perché torniamo donne, ricominciamo a vestirci bene, a truccarci ad andare dal parrucchiere. Ma…..ora che ci abbiamo preso gusto…..chi fa la spesa? Chi paga il nido? E le bollette? Chi va dal pediatra? Chi organizza le attività pomeridiane (perché i bambini ormai iniziano pilates a 5 mesi e scacchi a 24). E se poi i bambini diventano due? Oddio chi ci regala il dono dell’ubiquità per favore? Chi li porta a scuola, chi compra i vestiti, chi organizza le vacanze? Chi assume/licenzia la tata? Chi si ricorda del compleanno dei nonni? Chi compra i regali per le festine degli amichetti? Chi si ricorda ogni tanto di fare sesso (ops)? Chi si preoccupa che i bambini sappiano sciare, giocare a tennis, nuotare, cavalcare, tirare di scherma, colpire il piattello al primo colpo, parlare almeno 3 lingue in modo fluente (eh si, le aspettative di questi poveri bambini sono queste oggi!)? Chi va a prenderli a scuola se hanno mal di pancia? Chi parla con la prof (perché mentre scrivo sono cresciuti!) a seguito della nota in geografia? Chi li fa studiare? Chi finge di piangere davanti al lavoretto merdoso per la festa della mamma? Chi si trasforma in Babbo Natale, la Befana, la Fatina dei Denti, il Coniglietto Pasquale? Chi prepara la cena cercando continue variazioni sui basici piatti pasta rossa, pasta bianca, pasta verde? Chi compra il Danacol al compagno che il colesterolo alto?
E questo è un piccolo elenco dei lavori di mamma/moglie
(prego astenersi coloro che hanno mariti che fanno tutto al 50% perché su questo blog non ne parlerò mai!)
E i papà? Si ci sono, ogni tanto li portano a scuola, gli leggono la favola della buona notte….quando i bambini diventano più grandi si divertono con loro a commentare i cartelloni di Intimissimi, a guardare il calcio in TV, lo sci e Stupidi al quadrato. Ma per il resto, poco o niente. Collaborano poco alla vita domestica e si lamentano che il frigo è sempre vuoto (che non è vero ma non trovano ciò che vorrebbero).
Però questo post è incentrato sul tema “mamme che lavorano”.
Quindi prendiamo tutto il paragrafo che parla di ciò che fa una mamma e buttiamolo come una secchiata d’acqua gelida nella vita di una lavoratrice.
il C A O S – il P A N I C O- la D I S P E R A Z I O N E
Annaspiamo, cerchiamo aiuto,chiediamo aiuto a mamma e papà (che ops tonano magicamente in gioco), ai vicini agli zii. Ci sembra di annegare in un mare di palline colorate e luride. Pensiamo di non farcela. E poi magicamente, la consapevolezza. Le nebbie si dipanano (non chiedetemi come), ma i bambini reggono più di una settimana all’asilo senza ammalarsi. I nonni sono strafelici di portarli il pomeriggio al parco. Arriva AMAZONE PRIME NOW e la spesa viene consegnata in 2 ore. Ecco DELIVEROO e al primo lamento del marito gli si piazza davanti un pollo della rosticceria Rossetti appena arrivato. Amazon ci apre un mondo di acquisti ossessivi compulsivi. I social eliminano il problema della socializzazione e riallacciamo contatti anche con gli amici in Australia (tanto il massimo che faccia o è mettere un cuore ai loro post….ma è sempre un segno d’amore no?). Ma sapete qual è il problema? Che più riusciamo a velocizzare tutte queste operazioni e più nuovi doveri si insinuano in questi spazi. Eh si perché allora ci infiliamo pilates, l’analista, la manicure, la piega, il colore, un libro, il bagno caldo, l’aperitivo con le amiche. Considerando poi che bisogna anche dormire ecco che la giornata è conclusa e? E nulla. Siamo stanche morte, ci lamentiamo, ci incazziamo con il marito, il tempo qualitativamente dedicato ai nostri figli è poco.
Allora? Allora vale davvero la pena distruggersi con tutti questi incastri? Evviva il multitasking, dote prettamente femminile sicuramente guadagnata nel corso degli anni grazie alla teoria evolutiva (next step avremo 4 braccia e appunto il dono dell’ubiquità), e sì, siamo brave a tenere tutte le palle in aria. Come dice una saggia amica bisogna però trovare una mediazione tra tempo a disposizione, doveri, bisogni, desideri, sogni (sogni?) e si può andare avanti all’infinito.
Io la penso come lei. Voi? Perché alla fine io sono felice della mia vita super incasinata e sono soddisfatta del rapporto che ho con i miei bambini. Credo che poi sia questo l’importante.
Questo è solo il mio punto di vista, quello di una donna che ha lavorato 12 anni della moda e che quando ha capito – dopo il primo figlio – di dover scegliere tra carriera e famiglia ha scelto la seconda. Che si è rimessa in gioco, che ha aperto una sua attività (ma sto veramente parlando di me in terza persona???) per seguire i propri figli complicandosi ancora di più la vita!
Ben vengano le donne che pensano solo al lavoro, quelle che fanno solo le mamme, quelle che alla fine si sono perse perché non reggevano il carico mentale (ma che speriamo tornino), quelle che prendono decisioni difficili o che vivono situazioni brutte, quelle che da piccole non avevano la stanza rosa o magari non avevano mamma e papà ma sono pazzesche perché ce l’hanno fatta da sole, quelle che hanno i parenti lontani e possono contare solo sulle loro forze, quelle che si sono separate e non solo lavorano ma fanno anche un po’ da papà.
Quindi si essere mamma e lavoratrice è un gran casino ma non saprei dire come, il bandolo della matassa ad un certo punto viene trovato e tutto diventa più semplice, faticoso ma fattibile.
Brava Amata bellissime parole che penso siano lo specchio di m moltissime mamme mamme che lavorano ????